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sabato 28 dicembre 2013

E se mettiamo i soldi per compare casa e poi non ci sposiamo?


La Corte di Cassazione Civile n. 8216/2012 sez. VI del 24/5/2012, ha risolto un caso del genere.
La donna aveva messo del denaro sul conto del fidanzato. L'idea era duplice. Da una parte si trattava di mettere da parte i soldi per l'acquisto della casa dove si sarebbe abitato dopo il matrimonio.
Dall'altra si trattava di mettere il denaro al sicuro da azioni di creditori contro la fidanzata.
Il fatto è che il rapporto si è deteriorato e l'uomo non ha restituito il denaro. Da qui la causa.
Tribunale e Corte d'Appello hanno dato ragione alla donna sul presupposto che risultassero i versamenti di lei sul conto dell'uomo. Questi poi ha contestato genericamente, senza aver dimostrato la restituzione.
La Corte di Cassazione ha confermato le sentenze precedenti sul rilievo che il semplice versamento del denaro sul conto altrui non implica automaticamente l'obbligo di restituzione ma di fatto, nel caso concreto, non erano stati provati ne' la restituzione ne' altri motivi che potessero giustificare la percezione del denaro da parte dell'ex fidanzato.  

martedì 17 dicembre 2013

Il tribunale è obbligato a mandare la Guardia di Finanza per accertamenti tributari?


In caso di separazione o divorzio il Giudice ha il potere4 di disporre accertamenti tributari tramite la Guardia di Finanza.
Può infatti capitare, ad esempio, che uno dei coniugi abbia un reddito ufficile basso e sianmo dimostrate sue spese molto al di sopra di questo presunto reddito. E' quindi presumibile che se il marito ha comprato un Mercedes nuovo del valore di € 40.000, non sia vero che è sull'orlo del fallimento.
L'accertamento tributario serve proprio a chiarire la situazione reale. In caso di mancata corrispondenza scatterà poi la denuncia agli organi fiscali competenti.
E' però obbligatorio che il giudice disponga questo accertamento?
La Cassazione (sentenza n. 26423/2013 sez. I del 26/11/201) ha stabilito che non lo sia. Il Giudice potrà decidere in autoinomia se procedere o no con tale mezzo, a seconda del suo prudente apprezzamento delle prove.
Se il Tribunale non dispone l'accertamento è però  anche vero che potrà lo stesso decidere tenendo presente le disparità tra la situazione fiscale dichiarata e quello che appare.
In altri termini, seguendo l'esempio di prima, nel caso in cui il marito dichiarti fiscalmente un reddito annuo di € 10.000 ed abbia comprato un'autovettura del valore di € 40.000, il Tribunale potrà ben ritenere che ilm reddito reale è superiore al dichiarato e - ad esempio - condannarlo al pagamento di un assegno mensile per coniuge e figli di € 1.500.

martedì 10 dicembre 2013

Si può ridurre l'assegno divorzile se la moglie può trovarsi lavoro?

La risposta è sì. 
Così ha stabilito la sentenza della Corte di Cassazione Civile n. 23797/2013 sez. I del 21/10/2013.

Ha ritenuto valido il seguente principio:
"d) ai sensi dell'art. 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, l'accertamento del diritto all'assegno divorzile deve essere effettuato non limitandosi a prendere in esame le condizioni economiche del coniuge richiedente, essendo necessario mettere a confronto le rispettive potenzialità economiche, intese non solo come disponibilità attuali di beni ed introiti, ma anche come attitudini a procurarsene in grado ulteriore, raffrontandole con lo stile di vita mantenuto dai coniugi in costanza di matrimonio (cfr da ultimo cass. n. 16598 del 2013)."

Detto in parole povere, per la determinazione dell'assegno divorzile o per vedere se esso spetti non bisogna guardare solo il lavoro svolto effettivamente dalle parti ma anche la capacità di guadagno, la possibilità di trovare un'occupazione con un reddito maggiore.
Voi che ne pensate? 

giovedì 21 novembre 2013

Se un genitore non paga l'assegno di mantenimento, si può chiedere ai nonni?

L'art. 148 del codice civile recita:"  coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. .... "
La norma prevede quindi che in caso di bisogno debbano pagare i nonni per il mantenimento dei nipoti.
Questa norma è stata invocata contro i genitori del figlio che non paga l'assegno.
La Cassazionecivile (con la sentenza , sez. I, del 30 settembre 2010, n. 20509) ha fatto una forte precisazione.
Secondo la Suprema Corte perchè i nonni possano essere condannati al pagamento dell'assegno non versato dal figlio occorre che i genitori dei bambini (entrambi, quindi compresa la parte che non riceve l'assegno) non abbiano mezzi sufficienti per mantenere i figli.
Facciamo il caso in cui il padre non paghi l'assegno per i figli.
La madre non dovrà avere mezzi sufficienti per il mantenimento da sola dei figli; non dovrà nemmeno essere in grado di procurarsi un lavoro conveniente.
Il padre (nello stesso esempio) dovrà essere assolutamente privo di mezzi. Anche se fosse disoccupato ma avesse beni immobili la madre dovrebbe prima provare a fare un pignoramento immobiliare per ricavare il dovuto.
Di conseguenza, dal punto di vista pratico, l'ipotesi del pagamento in surroga da parte die nonni è estremamente rara.
Del resto l'art. 147 c.c. recita: "Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.."
La prima responsabilità è quindi dei genitori, non certo dei nonni... 

martedì 19 novembre 2013

Accesso alle dichiarazioni redditi del coniuge a tutela dell'assegno di mantenimento.

Quando si ha in piedi una causa per separazione o divorzio o si sta pensando di intentarla è indubbiamente utile poter leggere la dichiarazione redditi del coniuge.
Se si vive insieme si può frugare tra le carte dell'altro ma certamente non è la soluzione accettabile, anche per possibili profili di illiceità.
Il sistema più elegante (al di là dell'ordine del giudice) è quello di una richiesta all'Agenzia delle Entrate. 
In passato gli uffici tributari hanno risposto negativamente a dette richieste.
Ora la situazione è cambiata a seguito della sentenza n. 35020 emessa nel 2010 dal TAR del Lazio.
Si può quindi chiedere per iscritto all'Agenzia delle Entrate competente la dichiarazione redditi del coniuge o ex coniuge. Nella richiesta bisognerà specificare i motivi della stessa. Uno dei motivi validi è certamente quello della decisione di instaurare un giudizio a tutela del proprio diritto al giusto assegno di mantenimento (o a non pagarlo).
L'Agenzia delle Entrate comunicherà la richiesta al coniuge o ex coniuge. Questi potrà opporsi ma solo adducendo motivi validi.
La propria privacy in questo caso è un motivo assolutamente insufficiente.


35020/2010 
I)n passato gli organismoi tri  

mercoledì 13 novembre 2013

Una strampalata decisione tributaria sulla detraibilità dell'assegno di mantenimento per il coniuge

Come abbiamo già scritto in questo blog, l'assegno di mantenimento per il coniuge è detraibile.
E' anche logico pensare che sia detraibile l'aumento secondo il coefficiente ISTAT.
Invece non è esattamente così.
Secondo l'Agenzia delle Entrate  (risoluzione 448/E) se l'aumento ISTAT non è stato specificatamente indicato tra le condizioni di separazione (consensuale o giudiziale, omologata dal tribunale) non può essere detratto.
Di conseguenza se volontariamente si aumenta l'assegno secondo il coefficiente ISTAT per il costo della vita, la parte aumentata non sarà deducibile.
In altri termini bisogna per evitare questo fare una modifica - magari consensuale - delle condizioni di separazione, facendola omologare o decidere dal Tribunale.
Il problema è che nella maggior parte dei casi la spesa non giustifica l'impresa ...

giovedì 31 ottobre 2013

Assegno di mantenimento se il matrimonio non è mai stato consumato?


Ed aggiungiamo: “O è durato pochissimi giorni?
Prendiamo un caso concreto.
La moglie fin dall'inizio non vuole avere rapporti sessuali con il marito.
I coniugi vanno avanti qualche giorno e poi cessa la convivenza, con inizio della causa di separazione.
In un caso come questo, il tribunale aveva negato l'assegno di mantenimento alla moglie nel presupposto che non ci fosse stato il tempo di consolidare la comunione spirituale tra i coniugi, un vero e proprio rapporto matrimoniale e nessun apporto sia stato dato dal coniuge che richieda l'assegno alla conduzione della famiglia, l'assegno deve essere escluso, traducendosi altrimenti in una rendita priva di giustificazione”..
In questo senso si era espressa la Corte di Cassazione in passato sent. 8233 del 2000).
La Cassazione ha poi cambiato orientamento con la sentenza n. 2721del 2009. In questa ha affermato (nel caso sopra indicato ad esempio) che anche una convivenza brevissima, anche se non c'è stata consumazione del matrimonio, da diritto all'assegno. L'unica cosa che conta è infatti l'eventuale disparità di reddito tra i coniugi.

Questo è un esempio di come spesso il diritto non sia affatto certo come ci si aspetterebbe. Ricordiamo che le sentenze in Italia costituiscono precedenti non obbligatori e ogni giudice (e principalmente la Corte di cassazione o quella Costituzionale, i giudici supremi) possono cambiare il loro orientamento. 

sabato 26 ottobre 2013

Che valore hanno gli accordi dei coniugi sulle modifiche dell'assegno di mantenimento?

Può capitare che dopo la separazione i coniugi vogliano modificare l'importo dell'assegno di mantenimento stabilito a favore di uno di loro o magari modificarlo.
Il codice di procedura civile prevede un apposito procedimento (art.li 710 e 711) per la modifica delle condizioni di separazione. Fermio rimanendo che detto procedimento è sempre preferibile (per la sua ufficialità e certezza) anche in caso di accordo, ci si chiede quale sia il valore di una scrittura privata che – ad esempio – riduca l'assegno.

La Corte di Cassazione (sez. 1 civile, sent. 20.10.2005 n. 20290) ha stabilito che dette scritture private siano perfettamente valide, qualora redatte dopo l'omologa della separazione. Questo in quanto i relativi diritti rientrano nella disponibilità delle parti ex art. 1322 c.c.
Qualora invece detti accordi fossero stati redatti prima dell'omologa, avrebbero valore solo se non in contrasto con le statuizioni omologate dal tribunale. Questo, quindi, aggiungo, anche nel caso in cui l'accordo venga redatto nel brevissimo tempo intercorrente tra la firma della separazione consensuale davanti il Presidente del Tribunale e la sua omologa.
La sentenza parla dell'assegno tra coniugi; non si riferisce all'assegno a favore dei minori. In questo caso non esiste la piena disponibilità delle parti: esiste infatti un interesse pubblico a che siano prese le giuste decisioni a favore dei minorenni.

Per questo il Pubblico Ministero da obbligatoriamente il parere sulle condizioni di separazione che riguardino i minorenni.
Dal punto di vista pratico le cose possono anche complicarsi. 
Si tratta infatti di scritture private che (come tutte le scritture private) sono teoricamente valide ma non offrono tutta la sicurezza di un provvedimento giudiziale. Ad esempio possono sempre perdersi materialmente o possono essere contestate.

Non danno inoltre diritto ad una possibilità di azione esecutiva immediata come avviene per una decisione del Tribunale.

Le scritture private sono quindi certamente valide ma è sempre preferibile trasformarle in provvedimenti giudiziali esecutivi.

giovedì 17 ottobre 2013

Differenze tra assegno di mantenimento nella separazione e nel divorzio.


Apparentemente i due istituti sono identici e spesso confusi.
Giuridicamente sono diversi e la ragione di tale diversità nasce nelle diverse caratteristiche anche temporali di separazione e divorzio.
La separazione è spesso improvvisa e comunque fa seguito alla convivenza matrimoniale (perlomeno nella normalità).
E' quindi logico che l'art. 156 del codice civile stabilisca in sostanza che ha diritto all'assegno il coniuge in condizioni economiche peggiori e che detto assegno debba tendere ad assicurare il tenore di vita avuto durante il matrimonio.
Nel divorzio invece la convivenza matrimoniale è cessata minimo da tre anni. Per di più mentre nella separazione ancora si è sposati, nel divorzio non lo si è ed ognuno riacquista il proprio stato libero.
Si capisce quindi come la legge 898/1970 (sul divorzio) stabilisca con l'art. 5 che abbia diritto all'assegno il coniuge che non solo non disponga di mezzi economici adeguati o non possa procurarseli; si deve inoltre tenere conto anche delle ragioni del divorzio, del contributo dato da ciascun coniuge alla conduzione familiare e patrimoniale. Bisognerà inoltre valutare anche la durata del matrimonio.

Come si può notare la situazione è nettamente diversa e l'assegno divorzile deve essere giustificato da maggiori e più complesse ragioni.

mercoledì 9 ottobre 2013

Adeguamento ISTAT dell'assegno di mantenimento


Nelle condizioni di separazione è normalmente stabilito che l'assegno di mantenimento deve essere adeguato, secondo la mutazione del valore d'acquisto del denaro. Negli untimi anni questa clausola è anche divenuta obbligatoria e quindi inserita in ogni separazione o divorzio.
In teoria il costo della vita potrebbe anche diminuire e quindi l'assegno potrebbe essere ridotto. In pratica però il costo della vita è sempre aumentato ...
Come si effettua il calcolo?
DSi deve aver riguardo al primo mese in cui doveva essere pagato l'assegno.
Supponiamo che la prima mensilità dovesse essere maggio 2011. L'assegno va quindi adeguato a maggio 2012, un anno dopo. La cifra risultate da questa prima variazione dovrà quindi essere aumentata ogni anno da maggio 2013 in poi.
Facciamo un esempio pratico: consideriamo un assegno per i figli di € 1000,00 decorrente da maggio 2011.
Il criterio più semplice è quello di usare un'utilità presente sul sito http://rivaluta.istat.it/ .
Nel quadro "Calcola le rivalutazioni monetarie" dobbiamo inserire la data di inizio cioè mese maggio 2011 , la data finale cioè maggio 2012 e l'importo cioè € 1000,00.
Il risultato sarà € 1.030,00; di conseguenza l'assegno di € 1.000 sarà diventato a maggio 2012 € 1.030,00. Per calcolare quanto questo importo sia cambiato a maggio 2013 dovremo usare lo stesso meccanismo, mettendo come valore base € 1.030 e calcolando da maggio 2012 a maggio 2013.
L'adeguamento ISTAT scatta automaticamente, senza bisogno di richieste esplicite, orali o scritte. Se non viene pagato si può agire subito esecutivamente, come per l'assegno base.

sabato 5 ottobre 2013

Se non si versa l'assegno di mantenimento decade l'affidamento condiviso?

Per le norme sulla separazione la regola generale è che i figli siano affidati ad entrambi i genitori.
Questa normativa è una riforma abbastanza recente ed è indubbiamente un segno di civiltà e di positiva evoluzione giuridica. Basti pensare che in passatto il coniuge non affidatario non poteva nemmeno andare a parlare con gli insegnanti dei figli.
Che cosa accade però se il padre, ad esempio, non versa l'assegno per i figli?
In questi casi spesso la madre sostiene di avere il diritto di non fargli vedere i figli. 
Questo è sicuramente errato perchè, come in tutta la normativa sull'affidamento, l'interesse prioritario è quello dei figli, del loro corretto sviluppo. Non è accettabile questa sorta di presa in ostaggio.
Quindi il padre avrà sempre il diritto di vedere ed avere con se' i figli.
Le cose però possono cambiare sotto altri aspetti.
La Corte di Cassazione (sent. Del 17.12.2009, n. 26587) ha stabilito che il mancato versamento si possa considerare come segno di disinteresse nei confronti dei figli.
Di conseguenza il coniuge inadempiente darebbe la dimostrazione di occuparsi seriamente dei figli.

Secondo la Cassazione, di conseguenza, potrebbe dichiararsi cessato l'affidamento condiviso, con la trasfromazione in affidamento esclusivo alla madre.

mercoledì 2 ottobre 2013

Garanzie speciali per il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento.

Quando l'assegno di mantenimento non viene pagato o non viene pagato regolarmente, si può applicare il sesto comma dell'art. 156 del codice civile.
“In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all'obbligato, che una parte di essa venga versata direttamente agli aventi diritto.”
In altri termini si possono sequestrare i suoi beni immobili o – ancora più semplicemente – si può ordinare a chi debba denaro all'inadempiente di versarli direttamente a chi ne abbia diritto.
In pratica si può ad esempio chiedere che chi paga lo stipendio al marito inadempiente versi direttamente alla moglie una parte dello stipendio stesso. E' quindi evidentemente una garanzia pratica molto forte.
Non è infatti strano che si cerchi di premere sul coniuge facendo tardare l'assegno o dandoglielo magari solo in parte.
Quello che rafforza ancora di più la garanzia – rispetto al sequestro / pignoramento normale è quanto stabilito nella sentenza della Cassazione civile n. 4861/1989 (emessa dalla I sez. il 15.11.1989).
Nel sequestro normale infatti bisogna dimostrare il possibile pregiudizio; nel nostro caso si tratterebbe di dimostrare che il coniuge abbia commesso un inadempimento grave o comunque abbia l'intenzione di non pagare il dovuto. E' facile capire che provare cose del genere non è certamente agevole.

La Cassazione ha stabilito che, nel caso dell'art. 156 c.c., non ci sia affatto bisogno di dimostrare quanto sopra. Basta dimostrare il mancato pagamento (totale o parziale) per avere un sequestro o l'ordine di pagamento diretto al datore di lavoro.

giovedì 26 settembre 2013

Assegno di mantenimento: un altro punto di vista

Stabilire l’entità dell’assegno di mantenimento è una questione complicata in quanto dietro al discorso monetario ci sono gli aspetti psicologici del fallimento e della perdita:
  • fallimento di un percorso di vita insieme che si pensava “per sempre”
  • perdita delle certezze e dei punti fermi considerati acquisiti.

Il conflitto che spesso si scatena nel discutere di soldi, è riconducibile sia alla paura di un domani “da solo/a”, alla paura di non farcela, alla paura di perdere anche le cose buone che si sono costruite insieme, ma anche alla richiesta di risarcimento per il torto subito… tradimento, abbandono..

In questo clima, l’unico modo per defin
ire un assegno di mantenimento che sia realmente rispettoso dei bisogni di tutte le parti (coniugi e figli) è far riflettere la coppia sul loro obiettivo comune: far si che i figli soffrano il meno possibile a causa della separazione e che la loro vita possa continuare come sempre pur nei limiti della nuova condizione economica di entrambi i coniugi.

Caterina Scacchetti – Assistente Sociale e Mediatore Familiare tel. 3334547095

martedì 24 settembre 2013

E' se il coniuge si licenzia apposta per l'assegno di mantenimento?

Il principio generale è chiaro: la perdita di rendita causata da un intento fraudolento nei confronti dell'altra parte non può dar diritto ad un assegno di mantenimento.
Al di là dei principi la Cassazione ha stabilito che l'intento fraudolento non possa presumersi ma debba essere provato specificatamente e questo è decisamente difficile.
La Corte di Cassazione I sez. civile, n. 4312/2012) si riferiva ad un caso in cui la moglie aveva perso il lavoro esattamente nel momento in cui l'assegno le era stato ridotto per una parallela perdita di reddito del marito.
Il Magistrato di merito da questo aveva argomentato il fondato sospetto che il licenziamento fosse stato causato ad arte (o simulato) e non ne aveva tenuto conto.
La Cassazione ha affermato che mancava la prova esaustiva dell'intento fraudolento ed inoltre se la moglie lo avesse fatto apposta si sarebbe procurata comunque un danno sensibile.
Decideva quindi di dare ragione alla moglie. Ha anche contestato la Corte d'Appello nella parte in cui rilevava che la donna avrebbe potuto ben fare le pulizie ad ore ed al nero.




domenica 22 settembre 2013

La separazione di fatto da diritto all'assegno di mantenimento?


L'assegno di mantenimento è previsto in caso di separazione davanti il Tribunale o divorzio.
In caso di separazione di fatto non è previsto perché la separazione di fatto non muta il regime giuridico del matrimonio: si continua ad essere sposati a tutti gli effetti.
Ciò non significa però che qualora i coniugi vivano separati senza essere andati in tribunale non esista alcun dovere. Anche se non è facilmente quantificabile, esiste il dovere di contribuire alla vita familiare ed alle esigenze del coniuge e dei figli.
Qualora non lo si faccia è applicabile l'art. 570 del codice penale.
In tale sede ci si può anche costituire parte civile e chiedere il risarcimento dei danni morali e materiali.
Sotto altro aspetto, si potrà sempre agire civilmente chiedendo che il coniuge che non pensa alla famiglia sia condannato a pagare una somma determinata.
Non esisterà comunque un vero e proprio assegno di mantenimento come quello previsto in caso di separazione o divorzio.

Inoltre se il coniuge che ne avesse la possibilità, non pensasse ai bisogni della famiglia, potrebbe sempre essergli addebitata la separazione, con le conseguenze patrimoniali, anche ereditarie.
Dal punto di vista pratico una causa di separazione civile è decisamente più veloce. Non va nemmeno dimenticato che un processo penale (che si può iniziare anche in parallelo) è uno spauracchio ma non per tutti.

domenica 15 settembre 2013

Se lei (o lui) ha un nuovo compagno perde l'assegno di mantenimento?

Dipende …
La Cassazione (con la recentissima sentenza 19555, 26.8.2013) ha confermato che dipende dalle caratteristiche del nuovo rapporto.
Nel caso in esame non ha ritenuto nemmeno sufficiente che la moglie vivesse mnell'appartamento del nuovo compagno.

Secondo la Corte occorre che la nuova relazione abbia caratteri di stabilità, continuità e regolarità tali da far ragionevolmente pensare che si sia formata una autentica “famiglia di fatto". Solo in questo caso potrà essere revocato l'assegno di mantenimento.

Assegno mantenimento = rendita infinita? Proposta di riforma.

L'attuale legge sulla separazione e sul divorzio prevede che se il coniuge non è autosufficiente o ha un reddito che non gli permette lo stesso regime di vita che aveva durante il matrimonio sia beneficiario di un assegno di mantenimento.
Giustissimo come concetto. Nella pratica si può però prestare ad abusi.
Prendiamo il caso di una moglie che abbia 25 anni al momento della separazione. Supponiamo che abbia un buon assegno di mantenimento perché il marito è un ricco commerciante.
Supponiamo anche che magari il matrimonio sia durato un anno.
Supponiamo anche che questa donna non abbia voglia ed interesse a trovarsi un lavoro.
Il risultato è che è molto probabile che abbia un assegno vita natural durante, con una quota anche della pensione dell'ex marito se premuore.
Ci sono altri casi in cui la situazione è totalmente diversa.
Supponiamo che la moglie di 25 anni sia invalida; qui è evidente che la situazione sia ben diversa.
Supponiamo altresì che abbia 50 anni, età in cui non è facile trovare un lavoro.
L'attuale legge è sostanzialmente ispirata ad una situazione sociale che è quella di molti decenni fa: allora il matrimonio era tendenzialmente per la vita ed erano pochissime le coppie separate. Le moglie rano per lo più casalinghe ed il lavoro femminile era decisamente minoritario e spesso mal pagato.
Oggi la situazione è totalmente diversa. Un matrimonio che duri tutta la vita non è più la regola: è l'eccezione. La figura della donna è totalmente diversa per le conquiste sociali degli ultimi decenni. Oggi è autonoma, di cultura pari e spesso superiore all'uomo, perfettamente in grado di cavarsela da sola. Nei fatti è anche comune che sia il marito a guadagnare di meno.
Non ho comunque mai visto mariti chiedere l'assegno di mantenimento, pur con reddito inferiore; probabilmente qui giocano fattori psicoloogici e sociali. Il discorso è però perfettamente identico perchè la legge non distingue tra marito e moglie, tra uomo e donna.
Abbiamo inserito due immagini. Nella prima, si vede una donna super felice del suo lavoro di dattilografa. Oggi la stessa donna fa l'ingegnere o il dirigente industriale.
Anche per questo, è opportuno che la legislazione sia cambiata, adattata alla nuova situazione.
Si può stabilire che, in alcuni casi, l'assegno di mantenimento per il coniuge non sia più “infinito” ma “a tempo”, ad esempio per 10 anni dopo la separazione. Il giudice potrebbe valutare caso per caso e decidere.
La decisione potrebbe essere sempre rivista in caso di sopravvenienze che rendano difficile o impossibile trovare oggettivamente una nuova occupazione.
La Corte di Cassazione (sent. 28870/11) ha cercato di risolvere questo problema stabilendo che "... non è sufficiente allegare meramente uno stato di disoccupazione, dovendosi verificare, avuto riguardo a tutte le circostanze concrete del caso, la possibilità del coniuge richiedente di collocarsi o meno utilmente, ed in relazione alle proprie attitudini, nel mercato del lavoro." Per questo principio non basta essere disoccupati ma occorre anche che non si abbia la possibiloità di trovare lavoro. Si tratta comunque di una sentenza e non di una legge. Il principio può facilmente quindi cambiare, senza alcuna certezza.
Avv. Umberto Chialastri




lunedì 9 settembre 2013

Si può avere indietro quanto ingiustamente versato per l'assegno di mantenimento?

Nel giudizio di separazione, ad esempio, in prima udienza, il Presidente può stabilire un assegno di mantenimento.
Cosa succede se questo viene successivamente revocato perchè non ne sussistevano i presupposti?
Chi ha pagato ha diritto alla restituzione di quanto versato per motivazioni che sono risultate insussistenti?
L'orientamento della Cassazione è negativo. Si veda ad esempio la sentenza 13060 del 2002 Cass. Civile.
La stessa Cassazione ha però successivamente precisato che il provvedimento non sia stato emesso a seguito di dichiarazioni gravemente mendaci della parte a favore della quale fu stabilito.
La sentenza Cass. Sez. I Civile, n. 21675 del 4 dicembre 2012, ha esaminato il caso di una donna che aveva chiesto l'assegno per il figlio invalido ma che non era del marito.
In sostanza aveva taciuto questa circostanza, inducendo in errore il Magistrato.
Una volta scoperta la realtà l'assegno è stato revocato in quanto non può essere stabilito un carico del genere a chi non sia il genitore .
La difesa della madre aveva impugnato la sentenza ricordando la giurisprudenza per la quale non si può chiedere indietro quanto versato per il mantenimento dei figli. (Cass. nn. 11863/2004, 13060/2002, 4198/1998, 3415/1994)
La Corte ha stabilito il principio per cui se il provvedimento del Magistrato è stato causato dalla grave malafede, l'assegno dovrà essere restituito.


mercoledì 4 settembre 2013

Risarcimento danni per il tradimento

Nella lotta per l'assegno di mantenimento l'infedeltà coniugale ha un gran peso che spesso è trascurato.
Come abbiamo già scritto può determinare l'addebito della separazione con la conseguenza anche dell'impossibilità di ricevere l'assegno di mantenimento.
Da però anche diritto al risarcimento dei danni causati alla dignità ed all'onore del coniuge tradito.
Tra le altre, ha ribadito questo la sentenza n. 18853 del 2011 della Cassazione Civile.


Non basta però che ci sia il tradimento.
La prima distinzione da fare è che il Magistrato dovrà accertare se il tradimento sia stata la causa della crisi del matrimonio o se al contrario sia solo una conseguenza della crisi già esistente.
Bisognerà inoltre accertare se l'nfedeltà è stata consumata in modo palese o comunque in modo da ledere la dignità e l'onore del coniuge.
Come si vede, il principio generale è chiaro.
Tutto sta poi a vedere le situazioni concrete, con le loro mille sfaccettature.

mercoledì 28 agosto 2013

Assegno di mantenimento per i conviventi? Anche per le coppie omosessuali.


La legislazione attuale prevede una grande differenza tra matrimonio e convivenza per quello che riguarda l'assegno di mantenimento e per altro.

Quando si è conviventi ed il rapporto cessa, ai membri della coppia non spetta praticamente nulla. E' previsto l'assegno solo per i figli ma dovrà essere determinato dal Tribunale, con una conseguente causa.
La convivenza può essere una soluzione momentanea, magari solo per risparmiare le spese o può essere un vero e proprio matrimonio non dichiarato che dura tutta la vita. Per la legge sono la stessa cosa.
Da anni si parla si regolare legislativamente la convivenza ma in pratica si vive nel modo delle bufale politiche.
La soluzione concreta si può avere subito con uno specifico accordo, debitamente firmato e registrato. In questo si possono prevedere condizioni sia per la vita in comune, sia per il caso di rottura dei rapporti. Si possono diversificare le condizioni in caso di separazione per incompatibilità o separazione per il comportamento di uno dei conviventi.
Sempre a titolo esemplificativo, si può stabilire il contributo che ognuno deve portare al menage familiare o almeno riconoscerlo; si può stabilire l'assegno che spetta in caso di separazione e per quanto tempo.
Supponiamo anche, ad esempio, che uno dei conviventi decida di non lavorare per stare più appresso ai figli ad esempio o comunque alla vita familiare: senza accordo di convivenza non avrebbe alcun diritto.
Supponiamo il caso di una coppia omosessuale: solo un accordo di convivenza potrà dare dei diritti reciproci.
Un accordo può essere utile anche per spese in comune, dall'automobile all'appartamento, per gli studi, per tante altre cose.
In altri termini con un accordo di convivenza si possono inserire praticamente i doveri di un matrimonio.

Per avere maggiori informazioni, relativamente al vostro caso concreto, chiedete con il modulo a pagina "Contatti" di questo blog o negli altri modi indicati nella stessa pagina.
Avv. Umberto Chialastri

lunedì 26 agosto 2013

L'assegno di mantenimento ed il fisco.

Gli assegni di mantenimento sono deducibili dal reddito solo a determinate condizioni.
Per il testo unico delle imposte sui redditi (DPR 22.12.1986 n. 917, art. 10) si possono dedurre gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’Autorità giudiziaria”.
Detti assegni versati al coniuge devono essere in parallelo indicati come reddito dal coniuge percipiente.
In pratica se il marito versa alla moglie un assegno di € 500 mensili, lui potrà detrarre questa somma dal reddito imponibile. La moglie invece dovrà mettere la stessa somma in entrata e pagare la relativa imposta.
Una delle stranezze all'italiana è la deducibilità funziona solo per le somme corrisposte periodicamente.
Se invece si versa una somma una tantum questa non sarà deducibile. Su questa linea è la Cassazione con la sentenza n. 2236 del 2011). La Corte Costituzionale /sent. 283/2001 ha ritenuto che tale differenza di trattamento sia una scelta legittima del legislatore.
In pratica questo è uno dei casi in cui criteri decisamente illogici diventano legge. Non sta però a noi fare leggi nuove ma tutelare con la conoscenza di quello effettivamente esiste.
Un vecchio detto dice che bisogna legare l'asino dove vuole il padrone...
In base a questo principio si è stabilito che non siano deducibili somme aggiuntive versate (ad esempio per l'acquisto di vestiti) e anche se stabilite genericamente nei provvedimenti di separazione. La stesso criterio è stato applicato anche nel caso in cui invece di fare rimborsi volta per volta i coniugi avevano stabilito una somma forfettaria mensili, versata periodicamente e costantemente. C'era il criterio della periodicità ma il criterio era stato stabilito dalle parti, non in sentenza o verbale omologato.
L'assegno per i figli non è deducibile. Operano solo le normali detrazioni per i figli a carico, non l'importo versato effettivamente per gli assegni.
Per gli stessi principi, non sono deducibili:
  • l'una tantum per il coniuge anche se è versata a rate;
  • l'aumento dell'assegno stabilito concordemente, senza sentenza o omologazione delle nuove condizioni.

domenica 25 agosto 2013

Violenta la figlia per 20 anni e le fa partorire 10 figli. Orrore in Argentina e ordini di protezione familiare in Italia. Assegno.

Oggi pomeriggio la RAI ha diffuso la notizia che un uomo avrebbe violentato la figliastra per 20 anni, da quando aveva 11 anni. 
Le avrebbe fatto partorire 10 figli in una casa isolata; spesso i parti avvenivano contemporaneamente a quelli della compagna, madre della ragazza violentata.
E' accaduto in Argentina.
La cosa sconvolgente è che tutto questo è andato avanti per 20 anni.
Questi orrori accadono anche nella nostra civile Europa. Ricorderete il caso austriaco di pochi anni fa ed altri. Al di là di questi casi eclatanti ci sono essere umani distrutti da violenze continue, verbali e materiali.
La cosa drammatica è che in questi casi spesso non si riesce ad uscire per il timore che la situazione peggiori che lo Stato non possa fare nulla.
Invece esiste una legge che può proteggere queste vittime. E' conosciuta pochissimo. e non è pubblicizzata come dovrebbe essere. 
La legge 154/2001 è straordinariamente moderna ed opera al di là dello schema classico di famiglia.
Non solo protegge figli e coniuge. Protegge anche nonni nipoti, comunque appartenenti alla famiglia.
Opera anche nelle famiglie di fatto.
Opera anche anche nelle unioni omosessuali.
In base alla legge 154/2001, il tribunale in pochi giorni, può ordinare:
  • l'allontanamento del componente violento;
  • la proibizione per lui di avvicinarsi alle vittime, non solo in casa ma anche nei luoghi pubblici, lavoro, supermercati, scuole...
  • l'ordine di versare una cifra mensile per il mantenimento.
Anche se è sempre opportuno il consiglio di un avvocato esperto, per il primo ricorso, si può anche fare da soli, rivolgendosi al presidente del Tribunale.
E' interessante e concreta la previsione di un assegno di mantenimento stabilito così velocemente. Le vittime di questi comportamento sono spesso dipendenti economicamente dal loro aguzzino. Poter avere del denaro è essenziale.
Come al solito però non basta una legge, occorre la sua applicazione concreta ma ancora di più direi che occorre la sua conoscenza.
Per questo ho scritto questo post.

giovedì 22 agosto 2013

Assegno mantenimento troppo o troppo poco = dramma sempre.


Questo video evidenzia il dramma di tanti padri ridotti in povertà da un assegno di mantenimento troppo elevato.
Moltissime madri sono nella situazione opposta. Non bisogna dimenticarlo.
I luoghi comuni danneggiano pesantemente la nostra società ed i nostri figli.
Madri o padri, mariti o mogli, facciamoci aiutare quando occorre per non piangere dopo.
Umberto

martedì 20 agosto 2013

Se sei stato tradito devi pagare l'assegno?


L'assegno di mantenimento è previsto per il coniuge che ne abbia necessità e qualora non gli sia addebitabile la separazione.
Questo significa che qualora abbia messo in atto comportamenti che hanno portato al fallimento del matrimonio, la separazione gli sarà addebitata. In sostanza le parole sono cambiate ma il tutto corrisponde alla vecchia separazione per colpa.
Il coniuge a cui è addebitata la separazione non ha diritto all'assegno di mantenimento.
Ha solo diritto, qualora versi in estrema necessità, alla ipotesi molto minore degli alimenti.
Altra differenza è che in una separazione normale entrambi i coniugi erediteranno dall'altro in caso di morte prima del divorzio.

In caso di separazione con addebito, il "colpevole" perde i diritti ereditari da subito.
L'ipotesi più comune di colpa è certamente il tradimento. Non è però certamente l'unica perchè anche il rifiutare i doveri coniugali o l'essere ostili o offensivi senza motivo tutti i giorni o il negare i mezzi di susistenza per la famiglia, ad esempio, possono essere motivi di addebito.
Sul tradimento aggiungo una cosa che non viene detta. Il tradimento va valutato nel complesso della vita familiare: questo significa che se ci sono vite praticamente separate può non contare o che se ogni giorno nostro marito ci prende a sberle ...

lunedì 19 agosto 2013

Come si calcolano gli assegni? Esistono tabelle?

In sede di separazione o divorzio il Tribunale dovrà decidere quale sia l'eventuale assegno per il mantenimento di coniuge e figli. 
E' quindi normale chiedersi quanto si debba pagare e se esistano tabelle. Questa è una delle domande più comuni che mi vengono fatte. 

Di fatto non esistono criteri precisi; non esistono tabelle affidabili
In internet girano dei programmi per calcolare quanto potrà essere l'importo dell'assegni di mantenimento per il coniuge e i figli. 
Detti programmi non hanno assolutamente alcun valore legale
Ci sono dei magistrati che li usano ma credo siano molto pochi e comunque si tratta di iniziative del tutto personali. Non ha quindi alcun senso per un avvocato o una parte usarli o perlomeno crederci come qualcosa di intrinsecamente valido. Può essere solo un criterio tra tanti. 
Anche qualora detti criteri siano usati da Tribunali specifici non avrebbero forza di legge per gli altri o per i giudici superiori.
Gli unici criteri che possano essere seguiti sono quelli logici indicati dalla legge e applicabili solo in relazione alle specifiche risultanze probatorie di un determinato giudizio.

Vediamo quale è comunque l'iter logico che deve seguire il Tribunale.  Dire infatti che non esistano criteri matematici non significa che il giudice possa fare come gli pare. 

La Corte di Cassazione (sent. n. 6698 del 2009) ha statuito quale sia l'iter logico da seguire. 
Per prima cosa va accertato il tenore di vita tenuto dai coniugi durante il matrimonio. In questo potrebbe entrare per esempio il tipo di auto usata, la frequenza del ristorante, le scuole private, la quantità e qualità delle vacanze e dei circoli frequentati. Il passo successivo è verificare se i redditi che rimangano al coniuge a cui spetta l'assegno siano sufficienti per quel genere di vita. Qualora non siano sufficienti starà all'altro coniuge integrarli. 
Facciamo due esempi
Nel primo la moglie è impiegata ed ha un reddito di € 1.300 mensili mentre il marito è un commerciante con un reddito di € 6.000 mensili. Se la coppia aveva un tenore di vita costoso, superiore a quello che la moglie avrebbe potuto permettersi da sola con il suo stipendio, sarà dovuto un assegno che permetterà a quest'ultima di continuare a fare lo stesso tipo di vita del matrimonio. 
Se nella stessa situazione economica i coniugi avessero fatto una vita estremamente parca, con pochissime spese, sarebbe logico che alla moglie non spettasse alcun assegno in quanto il suo reddito sarebbe pienamente sufficiente a mantenere lo stesso tipo di vita. Questo ovviamente a parte la divisione magari del denaro comune risparmiato. 
Io ho parlato di moglie con il reddito minore ma lo stesso discorso vale perfettamente al contrario.
Nel caso in cui i coniugi abbiano più o meno gli stessi redditi non sarebbe dovuto alcun assegno. 
Per i figli, la legge n. 54 del 2006 ha dettato criteri più specifici. All'art. 1 (modifica dell'art. 155 del codice civile) leggiamo che: Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:         
1) le attuali esigenze del figlio;         
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;         
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;         
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;         
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.  ...». 
E' quindi detto esplicitamente che il Giudice dovrà considerare le attuali esigenze del figlio e per esigenze si intendono anche quelle scolastiche, culturali in genere, sportive, sanitarie. Dovrà inoltre considerare il tenore di vita che il minore aveva in costanza di convivenza con entrambi i genitori. Ad esempio un figlio che frequentava una prestigiosa scuola privata deve continuare a frequentarla. Vanno considerate le risorse economiche effettive di entrambi i genitori. 
Un conto è infatti dire che non voglio che mio figlio vada più in una scuola costosa per capriccio un conto è dirlo perché non ho più i soldi per pagare. 
Infine la legge giustamente impone la valutazione economica dei compiti domestici e di cura assunti dai genitori. 
Una casalinga ad esempio sarà come se desse al minore il valore del suo lavoro domestico. Nello stesso modo un padre che tenesse i figli con se' metà settimana dovrebbe vedere considerato questo suo occuparsi di loro nella cura quotidiana (diversamente da chi ad esempio lo vede solo il sabato o la domenica).
Avv. Umberto Chialastri