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mercoledì 30 aprile 2014

Adeguamento ISTAT assegno mantenimento di marzo

L'ISTAT, il 14 aprile ha pubblicato gli indici per il mese di marzo.
La variazione del mese di marzo 2014 rispetto a marzo 2013 è di +0,3 %.
Questo significa che se un assegno era a marzo 2013 di € 1.000, a marzo 2014 diventa (€ 1000/100*100,3) € 1.003,00.
In teoria quindi il costo della vita dovrebbe essere aumentato, in un anno, dello 0,3 %.
Per semplificare i calcoli (anche relativi a più anni) è comunque disponibile il foglio di calcolo in fondo a questa pagina.
I dati sono comunque ricavabili (con qualche difficoltà) dal sito www.istat.it . Bisognerà cercare i dati dell'indice dei prezzi dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.

domenica 27 aprile 2014

L'adeguamento istat dell'assegno di mantenimento scatta solo se è richiesto? La prescrizione?

Per l'assegno di mantenimento nel divorzio è previsto che ci sia sempre l'adeguamento ISTAT automatico.
La giurisprudenza ha ritenuto pacificamente che la stessa norma sia applicabile anche in caso di separazione.
Il dubbio che assale molto persone è se sia possibile chiedere l'adeguamento ISTAT di anni precedenti quando non lo si è mai fatto prima.
E' infatti comune che l'adeguamento sia chiesto solo al momento del divorzio, dopo tre anni o più dalla separazione.
In genere si pensa ci sia un parallelo con le norme sulla locazione per le quali l'adeguamento va applicato dal momento della richiesta.
Nel caso dell'assegno di mantenimento per separazione o divorzio, l'adeguamento opera invece automaticamente a prescindere dalla precedente richiesta.
L'unica norma "contenitiva" è quella sulla prescrizione breve ex art. 2948, n. 4, del codice civile sui ratei; sono infatti somme che devono essere pagate periodicamente in termini inferiori all'anno. Le singole rate (e l'adeguamento istat relativo) si prescrivono quindi in 5 anni.
Si è tentato di contestare questa interpretazione rilevando che sono somme dovute in base a sentenza e quindi sarebbe applicabile la prescrizione decennale ex art. 2953 c.c. per le somme dovute in base a sentenza.
La Cassazione (Sez. I civile, 1.6.2010, n. 13414) ha ritenuto che la sentenza sia fonte per l'esazione periodica  e titolo esecutivo per i singoli ratei; nello stesso tempo non costituisce giudicato sul fatto che siano dovute le singole rate "tenuto conto della particolare struttura delle obbligazioni in questione".
Ricordiamo che la prescrizione si può interrompere (e ricomincia a correre di nuovo per cinque anni o per il periodo di legge) con una semplice lettera raccomandata in cui si chiede il pagamento e (per maggior certezza) si specifica che si interrompe espressamente il corso della prescrizione.

giovedì 24 aprile 2014

Il tradimento sessuale è sempre causa di addebito?

Le cause per addebito della separazione spesso sono fatte al fine di far perdere al coniuge il diritto all'assegno di mantenimento.
Hanno quindi una loro importanza che non è solo morale.
Normalmente si pensa che basti dimostrare che la moglie (ad esempio) ha tradito sessualmente per farle perdere l'assegno.
Di fatto le cose non stanno così.
Esiste certamente un orientamento sociale e giurisprudenziale che considera il tradimento sessuale la forma più grave di colpa.
Non è però tutto qui. La realtà è molto più articolata
E' più grave  il comportamento della moglie che intraprende la relazione con un altro uomo o quello del marito che (pur non tradendola) l'ha picchiata ed insultata per anni? 
E' ammissibile che un coniuge abbia una relazione dopo che ha saputo che la moglie / marito lo/la tradisce  da anni?
La separazione va addebitata al marito per una relazione recente o alla moglie che per anni ha rifiutato i rapporti sessuali e lo ha trascurato anche sotto altri aspetti?
Non esistono nella realtà comportamenti che in astratto possono essere considerati peggiori di altri. Questo vale anche per il tradimento sessuale.
Ho scritto del tradimento sessuale ma anche quello "platonico" potrebbe avere la sua importanza.
Il Tribunale dovrà valutare, caso per caso, i singoli comportamenti e la lor
o incidenza concreta nel fallimento del matrimonio.
La Cassazione, ad esempio, con la recente sentenza 7998 del 4 aprile 2014,    ha stabilito che di per sé né i tradimenti della moglie, nè il fatto che il marito aveva trascurato i suoi doveri, fossero cause di addebito. Ha infatti mandato gli atti alla Corte di Appello perchè esaminasse concretamente la situazione e vedesse le incidenze reali del comportamento di ciascuno nel fallimento del matrimonio.





Importanza della confessione del "traditore", anche ai fini dell'assegno di mantenimento. Un caso, una sentenza.

L'addebito della separazione può avere conseguenze sull'assegno di mantenimento:  il coniuge "colpevole" perde il diritto all'assegno stesso.
Tra le fonti di prova che possono dimostrare i comportamenti contrari ai doveri matrimoniali, quei comportamenti che possono far addebitare la separazione, ci sono certamente le lettere.
La Cassazione si è occupata di un caso emblematico, con la recentissima sentenza n. 7998 del 4 aprile 2014.
Il marito sosteneva che la separazione dovesse essere addebitata alla moglie per le sue continue infedeltà.
La moglie sosteneva che il comportamento che aveva provocato il fallimento del matrimonio era quello del marito; a sostegno della sua tesi portava una lettera nella quale il marito si scusava con lei. Il marito ammetteva per iscritto di aver trascurato la moglie e la famiglia.
Il Tribunale aveva dato ragione al marito decidendo che le infedeltà della donna avevano fatto fallire il matrimonio. La donna proponeva appello e la Corte d'Appello le dava ragione: la separazione era quindi addebitata al marito.
Infine la Corte di Cassazione argomentava che la sola ammissione contenuta nella lettera dell'uomo non era di per se' prova del comportamento negativo. Rilevava anche che dopo la lettera la coppia aveva deciso di adottare un bambino e quindi aveva dimostrato una volontà tesa a mandare avanti il matrimonio.
La Cassazione non definiva il giudizio. Rinviava gli atti alla Corte di Appello, decidendo che questa avrebbe dovuto comparare i comportamenti negativi di moglie e marito per vedere quale effettivamente era stato la causa del fallimento del matrimonio.
In linea astratta non riteneva quindi che si potesse dare più importanza alle mancanze ammesse dal marito o ai tradimenti della moglie.

Calcolo dell'assegno di mantenimento. Ordinanza del tribunale di "Roma.

Abbiamo già scritto dei diversi metodi per quantificare esattamente il reddito dei coniugi, ai fini dell'esatta determinazione dell'assegno di mantenimento (coniuge e figli).
Il tribunale di Roma è solito chiedere una copiosa documentazione fin dalla prima udienza, quella presidenziale.
E' anche capitato che una ordinanza simile sia stata ripetuta nella prima udienza, dal giudice istruttore.
Leggiamo una ordinanza "tipo".
 "IL G.I.    ...

INVITA
le parti a depositare, unitamente alla seconda memoria istruttoria, ove non in atti, documentazione fiscale (Modelli Unico, 730, CUD e buste paga) e bancaria e/o postale (movimentazione conti correnti e conti titoli intestati alle parti, cointestati, ovvero intestati a terzi con delega di firma) a decorrere dall'anno 2012, oltre ad una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, redatta nei modi ed ai sensi di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ove andranno indicate le seguenti circostanze:
a) attività lavorativa e tutte le fonti di reddito (retribuzioni, redditi da lavoro autonomo, pensioni, canoni da locazione, ecc.);
b) redditi netti annui relativi agli ultimi tre anni e redditi netti mensili percepiti negli ultimi sei mesi;
c) proprietà immobiliari elencate singolarmente indicando la tipologia (abitazione, uffici, negozi, terreni edificabili, etc.), l'anno di acquisto, l'ubicazione, la superficie e la destinazione (se rimasti nella disponibilità, se abitati da componenti del nucleo familiare, se concessi in godimento a terzi e l'eventuale corrispettivo mensile); 
d) proprietà di beni mobili registrati, da elencare singolarmente indicando il tipo e l'anno di acquisto;
e) collaboratori domestici indicando la retribuzione corrisposta,
f) spese per mutui e finanziamenti con l'indicazione della rata mensile dovuta, dell'anno di erogazione e della durata, per canoni di locazione, per rette di iscrizione a circoli sportivi e/o ricreativi, iscrizione di figli a scuole od università private;
AVVISA
le parti che la falsità delle dichiarazioni rese è punita ai sensi dell'art. 76 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, che l'omessa allegazione o la tardività del deposito e la lacunosità della dichiarazione saranno valutate quali argomenti di prova ai sensi del4"art.
116 c.p.c, e, qualora i coniugi abbiano figli minori, nella definizione del regime di affidamento, oltre che ai sensi dell'art. 709-ter c.p.c., in sede di regolamentazione delle spese processuali ed ai sensi dell'art. 96 c.p.c.;..."

Il termine "invita" può trarre in inganno perché in realtà il Giudice Istruttore "ordina" tanto è vero che alla mancata produzione possono collegarsi una serie di conseguenze.
La prima e la più grave è che il giudice può trarre elementi di prova proprio dalla mancata produzione della documentazione richiesta. Lo stesso se la documentazione è prodotta in ritardo o è "lacunosa".
Altra conseguenza possibile è quella della condanna al risarcimento nei confronti del minore ex art. 709 ter c.p.c.
Pur rimanendo sempre spazio a chi voglia imbrogliare, è evidente che i margini entro i quali si possono tenere comportamenti omissivi o fumosi si restringono notevolmente.

Se la famiglia è in stato di bisogno che può fare il Tribunale?


Interessante la normativa introdotta con l'art. 79-bis della legge 184/1983 (d.lgs. 154 del 2013).

Il Tribunale, quanto si trovi davanti ad una famiglia in pesanti condizioni di bisogno, può segnalare la situazione al Comune di competenza perché provveda ad un aiuto economico per la famiglia.
La cosa importante e qualificante  è che questo aiuto deve aiutare il minore nella famiglia. E' una ipotesi ben diversa da quella in cui il minore veniva allontanato dalla famiglia per l'impossibilità di questa di mantenerlo.
Una applicazione concreta viene dal Tribunale di Milano (sez. IX) che, in data 12.3.2014, ha così stabilito:
"  rilevato che, nel procedimento su indicato, e emerso che il nucleo familiare potrebbe versare in condizioni di effettiva indigenza, rispetto alle quali e opportuno che il Comune di residenza valuti se siano necessari interventi di sostegno per garantire alla prole di essere educata nell'ambito della propria famiglia;
rilevato, in particolare, che la madre, divorziata dal marito, abita con tre figli e deve accudirli da sola: il padre non ha occupazione e la madre percepisce, su sua dichiarazione, somme inferiori a 400,00 euro al mese ed abita in immobile in locazione con un canone di euro 800,00 al mese;
rilevato che non risulta se la situazione sia gia nota al Comune di riferimento,

PER QUESTI MOTIVI
SEGNALA il nucleo familiare (omissis). al Comune di Milano per quanto eventualmente di competenza."
Il problema concreto di questa legge è che il Comune potrebbe rispondere che non ha denaro a disposizione o dare un aiuto assolutamente insufficiente.
Insomma... è uno dei casi in cui per la normativa italiana si dovrebbero fare le nozze con i fichi secchi ...

venerdì 18 aprile 2014

In caso di convivenza si deve restituire quanto avuto?

In riferimento all'assegno di mantenimento ed ai rapporti derivanti dalla convivenza, abbiamo già scritto che la giurisprudenza sta progressivamente equiparando il rapporto tra due conviventi a due coniugi, sotto tanti aspetti.
Si è verificato il caso di due conviventi nel quale l'uomo aveva a più riprese versato sul conto corrente della donna ingenti somme. Al momento della rottura dei rapporti, l'uomo ha chiesto la restituzione di € 120.000.
La donna si è difesa sostenendo che il denaro le era stato dato per i normali rapporti affettivi e di solidarietà tra due persone che si vogliono bene e vivono insieme. Aggiungeva che, per seguire il compagno all'estero, aveva rinunciato ad un lavoro che le faceva guadagnare più di € 10.000 mensili.
Il tribunale e la corte d'appello hanno dato ragione all'uomo sostenendo che i doveri di solidarietà erano stati soddisfatti già offrendo alla donna alloggio e mantenimento giornaliero. Ritenevano anche che l'auto licenziamento della donna non avesse valore in quanto frutto di una libera scelta.
La Corte di Cassazione (sentenza 1277 del 22 gennaio 2014) ha deciso in modo completamente difforme, dando piena ragione alla donna.
Il sostegno economico tra due conviventi - ha ritenuto la Cassazione - è doveroso secondo la coscienza sociale nell'ambito di un rapporto consolidato, nel quale sono comprese la collaborazione e l'assistenza morale e materiale. La Cassazione ritiene che sostenere (come ha fatto la Corte d'Appello) che tutto si possa comprendere in vitto ed alloggio sia "infelice e mortificante".
Ha quindi stabilito che la donna non debba restituire i 120.000 € perché dati in adempimento dell'obbligazione naturale nascente dalla convivenza more uxorio. Nel caso specifico è poi da ritenere che la rilevanza degli importi versati sia anche in relazione con la perdita dell'ottimo impiego che aveva la donna ed al quale ha rinunciato proprio in virtù della convivenza e della necessità di coabitazione.
Ad evitare equivoci rileviamo che i rapporti di convivenza sono ancora ben distinti da quelli matrimoniali, se non altro perché nei primi si tratta di elaborazioni giurisprudenziali e nei secondi di ben consolidate leggi.
E' poi auspicabile che in caso di convivenza (in assenza di leggi statali o di registri presso il Comune) siano redatti degli accordi legali per disciplinare le varie evenienze, compresa la cessazione della convivenza. Si veda il precedente post assegno mantenimento per conviventi


lunedì 14 aprile 2014

Se si inizia una convivenza si perde l'assegno di mantenimento del coniuge?

Una vecchia fonte di doglianze si verifica quando il coniuge separato (o divorziato) va a vivere con un'altra persona.
Al disappunto derivante magari da un po' di gelosia (sempre dura a finire) si aggiunge l'aspetto tipicamente economico.
Se mia moglie ora vive con un altro per quale motivo dovrei mantenerla io?
Questa è la classica lamentela.
La giurisprudenza sosteneva che la nuova convivenza aveva valore solo se aveva riflessi economici.
La moglie, nel caso specifico, perdeva quindi l'assegno solo nel caso in cui dalla nuova convivenza le derivasse un sostegno economico tale da rendere superfluo l'assegno di mantenimento del coniuge.
La situazione era (ed è) diversa in caso di matrimonio: in questo caso l'assegno si perde comunque.
Tornando alla convivenza, la sentenza 17195 (Cassazione civile 11.8.2011) ha cambiato le carte in tavola.
Per i giudici della Suprema Corte si perde il diritto all'assegno in caso di stabile convivenza con una nuova persona.
É evidente che qui per convivenza si intende il vivere more uxorio, cioè come marito e moglie. Non avrebbe alcun valore di conseguenza il vivere nello stesso appartamento (anche se con persona di sesso diverso) per risparmiare sull'affitto.
Un aspetto che non è stato esaminato dalla sentenza (ma che è logicamente conseguente) è che può avere questo rilievo anche una convivenza omosessuale purché ci siano gli aspetti della stabilità e dell'affettività.
Questa sentenza è fondamentale perché, al di là della questione in se', è un ulteriore segno della parificazione della convivenza al matrimonio. in questo caso la convivenza viene parificata al matrimonio tanto è vero che si perde l'assegno anche se il nuovo compagno è in condizioni economiche tali da portare addirittura un peggioramento nella situazione del beneficiario dell'assegno.
Si cerca quindi di porre rimedio ad una situazione che appariva palesemente ingiusta.
Nei fatti poi l'assegno cesserà quando l'erogatore dell'assegno instaurerà un giudizio tendente a dimostrare la convivenza more uxorio. In qualche caso può essere oggettivamente difficile di fronte all'atteggiamento negatorio della controparte.
Ricordiamo che l'Italia è il paese dove tante coppie anziane si sposano solo religiosamente, al solo fine di non perdere il diritto alla pensione di reversibilità...
Quanto detto sopra non ha comunque nessun rilievo nei confronti dei figli. Rimane al genitore l'obbligo di provvedere ai loro bisogni. 

giovedì 10 aprile 2014

Si può agire con la sentenza di separazione subito per le spese straordinarie? O bisogna fare una nuova causa?

Capita frequentemente che il genitore obbligato non voglia pagare le spese straordinarie o qualcuna di esse.
La domanda che si fa frequentemente è se sia sufficiente la sentenza (o titolo equivalente) di separazione o divorzio per chiedere il pignoramento.
Se lo fosse infatti ci sarebbe il grosso vantaggio di poter procedere subito con la notifica del precetto ed il pignoramento.
Si tratterebbe di un notevole risparmio di tempo e denaro.
Purtroppo non è così.
La Cassazione civile, con la sentenza 2815 del 7 febbraio 2014, ha stabilito che la sentenza abbia valore di titolo esecutivo solo per quanto sia stato già definito nell'ammontare ma non per gli altri crediti.
Ha quindi valore esecutivo per l'assegno di mantenimento ma non per le spese straordinarie che sono del tutto indeterminate.
Se non si è ottenuto il pagamento delle spese straordinarie, bisognerà quindi affrontare una nuova causa (o procedimento per ingiunzione) che porti (dopo tempo e spese) ad una sentenza che stabilisca esattamente quale spesa straordinaria debba essere rimborsata.

Come si distinguono le spese straordinarie e quelle ordinarie comprese nell'assegno di mantenimento?

A parole sembra tutto semplice.
Normalissima la clausola in cui si stabilisce, in una separazione: "Il marito corrisponderà alla moglie il 50 % delle spese straordinarie per i figli."
E poi?
Che cosa sono esattamente queste spese?
Le spese del dentista per otturazione carie sono straordinarie?
Quelle per un apparecchio di ortodonzia lo sono?
I libri scolastici sono una spesa straordinaria?
La Cassazione civile, con la sentenza 2815 del 7 febbraio 2014, ha per ultimo parlato del problema (sotto l'aspetto della esecuzione).
Secondo la giurisprudenza, il criterio di fondo è che siano ordinarie le spese atte a soddisfare i bisogni quotidiani del figlio, mentre sono straordinarie quelle per eventi imprevedibili, eccezionali, non rientranti nelle consuete abitudini di vita del minore o relative a spese di notevole entità (rispetto il bilancio ordinario, situazione patrimoniale ed economica dei genitori) che non siano determinabili o quantificabili preventivamente.
Secondo questo criterio non rientrano certamente tra le straordinarie quelle per i libri di testo o per i quaderni. Devono quindi considerarsi comprese nell'ordinario assegno di mantenimento.
Per lo stesso criterio sono spese ordinarie quelle per le otturazioni delle carie o visite mediche di controllo.
E' anche discutibile che si possano qualificare come ordinarie quelle per apparecchi di ortodonzia visto che sono sostanzialmente prevedibili. In questo caso però sono state generalmente ritenute straordinarie dalla giurisprudenza (e questo è un ulteriore dato che dimostra quanto sia difficile, in molti casi,  sapere come ci si debba comportare per essere in regola).
Importante è poi che debbano essere di importo notevole rispetto la quotidianità.
In definitiva quindi le spese "straordinarie" sono molte di meno di quanto si pensi normalmente e nella prassi.

lunedì 7 aprile 2014

Avvocato e psicologo: una strana coppia?

Che c'entra uno psicologo con l'assegno di mantenimento o con le problematiche strettamente giuridiche di una separazione personale?
É facile immaginare che possa servire quando si tratta di affidamento dei figli ma non in questo caso.
Nel mondo degli affari, quando si litiga per lo più avviene per motivi strettamente economici. Paradossalmente è per questo che le grandi aziende privilegiano strumenti non giudiziari come gli arbitrati e le mediazioni.
Nel particolare contratto che è il matrimonio, il discorso è totalmente diverso.
Nella stragrande maggior  parte delle separazioni e dei divorzi, i problemi a monte sono psicologici,  problemi di aspettative tradite e bisogno emotivi non corrisposti.
Le liti sull'assegno spesso non sono reali in se' ma  sono effetto di queste problematiche.
Anche quando i problemi economici sono reali, il contenzioso emotivo tra le parti può essere tale da impedire serenamente di valutare insieme la situazione e cercare le soluzioni economiche opportune, valide per entrambi e sostenibili.
Da una parta ci può essere chi chiede un assegno elevato solo per danneggiare il coniuge; dall'altra chi rifiuta di pagare perché ha dimenticato di essere genitore e coniuge.
Gli avvocati da sempre hano cercato soluzioni transattive ma di fatto la loro particolare posizione lo rende difficile; non è raro vede coppie che non riescono a mettersi d'accordo per una differenza di € 50 - 100 mensili.

In questi casi, qualora ci siano gli spazi, è doveroso per l'avvocato segnalare la possibilità di un aiuto specifico da pare di uno psicologo o di un mediatore familiare.

Nello stesso tempo anche uno psicologo coscienzioso sa bene che esistono degli aspetti propriamente giuridici che non possono essere trascurati e sui quali è bene chiedere l'intervento del giurista.
Da un altro punto di vista, l'avvocato che abbia la collaborazione di uno psicologo ha una marcia in più.
Ovviamente un avvocato ha comunque il dovere, dopo aver dato il suo consiglio, di rispettare le decisioni del proprio cliente e combattere per il loro successo.


venerdì 4 aprile 2014

Che succede con l'assegno di mantenimento se per dispetto si da la disdetta del contratto di locazione?

Ci sono cose che - secondo la logica - non dovrebbero mai accadere.
Eppure trentanni di pratica ci hanno abituato anche ai comportamenti illogici, ai "dispetti".
Supponiamo che i coniugi vivano in un appartamento in affitto. 
Capita spesso che il relativo contratto sia intestato solo ad uno di loro.
Quando ci si separa la legge prevede che il contratto passi ope legis al coniuge cui è stato dato il diritto ad abitare la casa.
Lo prevede l'art. 6 della legge 392/1978:
"In caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo."
Occorre quindi che il Tribunale abbia dato alla moglie (ad esempio) il diritto di abitare nell'appartamento. Questa è la situazione comune quando ci sono dei figli e quando questi siano affidati alla madre.
La legge prevede infatti che la casa coniugale (in proprietà o in locazione) sia attribuita al coniuge a cui sono affidati i figli (a tutela di questi e del loro diritto a non perdere anche l'abitazione cui sono cresciuti).
Sempre seguendo il nostro esempio, fino a che non viene emesso detto provvedimento, il contratto rimane nella piena disponibilità del marito che lo ha firmato. Questo quando, appunto, il contratto era stato firmato solo dal marito. Questi potrà quindi benissimo mandare la disdetta e la sua disdetta sarà perfettamente valida.
La moglie si troverà quindi in un appartamento senza titolo e non potrà subentrare nel contratto perché al momento del provvedimento di assegnazione il contratto non esisteva più.
Il fatto però che debba rilasciare l'appartamento (ovviamente qualora il locatore accetti la disdetta) avrà due effetti:
a) potrà essere valutato ai fini dell'attribuzione del fallimento del matrimonio, della separazione;
b) potrà avere degli effetti sull'assegno di mantenimento qualora questo provochi anche problemi economici.
Questa seconda ipotesi può verificarsi quando l'affitto vecchio sia più basso di quello che la moglie sarà costretta a stipulare per avere una nuova abitazione per lei e per i figli.
Anche per questo motivo è quindi importante che il contratto di locazione sia firmato da entrambi i coniugi.



Fonte: CondominioWeb.com
http://www.condominioweb.com/separazione-e-successione-nel-contratto-di-locazione.2154