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giovedì 2 marzo 2017

ATTENZIONE: accordi di separazione di cui non fidarsi ...

Qualche volta anche un bell'accordo chiaro, firmato davanti a giudici ed avvocati non vale nulla. E' accaduto per una clausoladi separazione consensuale sulle spese della ex casa coniugale.
I coniugi, separandosi, avevano stabilito che la casa (di proprietà comune) fosse assegnata alla moglie. Era stato firmato un accordo per il quale il marito avrebbe dovuto pagare solo le spese condominiali straordinarie.
La moglie ha invece chiesto il rimborso di quanto speso per la sistemazione del giardino e la sostituzione della porta basculante del box.
La Cassazione civile  (sentenza sez. I, 2195 del 4 febbraio 2016) ha deciso che il marito debba pagare nonostante l'accordo contrario.
Il marito, sicuro dell'accordo è arrivato fino in Cassazione per poi prendere una bella botta, con spese legali molto superiori a quanto voleva la moglie.
Perchè la Cassazione ha deciso così?
Il tribunale aveva accertato che era necessario sostituire la porta del box e delle piante erano state tagliate perché potevano cadere sulle auto.
Secondo la Corte di Cassazione l'accordo sulle spese straordinarie condominiali non esclude il pagamento delle spese di conservazione dell'immobile che hanno natura nettamente diversa.
Rimane il fatto che il marito con la firma di quell'accordo pensava di dover pagare solo una categoria di spese e non altre!
Massima prudenza, della persona e dell'avvocato, quando si firma. L'accordo più chiaro può valere nei fatti molto poco.

Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 2195 del 4 febbraio 2016



Ragioni in fatto e in diritto della decisione
1.- Riformando la decisione del giudice di pace, il Tribunale di Foggia, con la decisione impugnata (depositata in data 6.5.2011) ha condannato D.G. al pagamento in favore di R.C. - coniuge separato del convenuto - della somma di Euro 2.040,00, oltre interessi, a titolo di rimborso di spese straordinarie sostenute per la sistemazione del giardino e la sostituzione della basculante del box dell'appartamento comune, assegnato alla moglie in sede di separazione consensuale omologata.
Secondo il tribunale le condizioni di separazione (che limitavano l'obbligo a carico del marito solo per le spese condominiali straordinarie) erano state previste per disciplinare i rapporti tra i coniugi e i figli mentre non incidevano sull'applicabilità nella concreta fattispecie dell'art. 1110 c.c. in relazione al diritto al rimborso del partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune.
Contro la sentenza del tribunale il convenuto ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso l'intimata.
2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 156, 158, 1102, 1110, 1173 e 1322 c.c. Lamenta che il giudice del merito non abbia tenuto conto delle condizioni di separazione che prevedevano, a carico del ricorrente, “il pagamento proquota solo delle spese condominiali straordinarie, degli oneri fiscali, nonché dei tributi e tasse che gravano su detto immobile”. Le parti, dunque, avevano consensualmente e legittimamente convenuto l'esclusione di qualsiasi altro obbligo di contribuzione relativo all'immobile da parte del ricorrente, così come consentito dall'art. 158 c.c., in deroga all'art. 1110 c.c..
2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 175, 208 c.p.c. e 104 disp. Att. c.p.c.. Deduce che erroneamente il tribunale avrebbe ammesso ed escusso come teste la figlia D.M. , posto che l'attrice era decaduta dall'ammissione fatta dal giudice di pace, non avendo notificato (pur in tal senso onerata dal giudice di pace) il provvedimento emesso fuori udienza con il quale era stato integrato il provvedimento di ammissione.
2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione degli artt. 1102, 1110 c.c. e 115 c.p.c. nonché vizio di motivazione, lamentando che erroneamente sia stata ritenuta la sua "trascuranza" sui lavori da eseguire, posto che non era stato tempestivamente avvisato della necessità dei lavori e che i lavori eseguiti nel giardino erano diversi da quelli preventivati.
2.4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla ritenuta natura di spese conservative di quelle eseguite dall'attrice, trattandosi, in realtà, di "migliorie".
3.- Osserva la Corte che i motivi di ricorso - là dove non sono inammissibili perché veicolano censure in fatto non deducibili in sede di legittimità - sono infondati perché il giudice del merito ha correttamente applicato il principio per il quale in tema di spese relative alle parti comuni di un bene, come l'obbligo di partecipare ad esse incombe su tutti i comunisti in quanto appartenenti alla comunione ed in funzione delle utilità che la cosa comune deve a ciascuno di essi garantire, così il diritto al rimborso "pro quota" delle spese necessarie per consentire l'utilizzazione del bene comune secondo la sua destinazione spetta al partecipante alla comunione che le abbia anticipate per gli altri in forza della previsione dell'art. 1110 cod. civ., le cui prescrizioni debbono ritenersi applicabili, oltre che a quelle per la conservazione, anche alle spese necessarie perché la cosa comune mantenga la sua capacità di fornire l'utilità sua propria secondo la peculiare destinazione impressale (Sez. 2, Sentenza n. 12568 del 27/08/2002). Invero, le spese per la conservazione, nel caso di inattività degli altri comproprietari, da accertare in fatto, possono essere anticipate da un partecipante al fine di evitare il deterioramento della cosa, cui egli stesso e tutti gli altri hanno un oggettivo interesse, e di esse può essere chiesto il rimborso (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 11747 del 01/08/2003; Sez. 2, Sentenza n. 253 del 08/01/2013).
La natura necessaria delle spese è stata accertata dal giudice del merito con apprezzamento in fatto incensurabile in questa sede (sostituzione della serranda del box, rotta a seguito di tentativo di furto e taglio degli alberi che stavano rovinando sulle autovetture).
Peraltro, come ha ben evidenziato il tribunale - pure alla luce di un accertamento in fatto non adeguatamente censurato circa l'interpretazione delle condizioni della separazione consensuale - altro sono le spese condominiali straordinarie rispetto a quelle di conservazione ex art. 1110 c.c., di cui il ricorrente è tenuto a corrispondere la propria quota in virtù della comproprietà dell'immobile. Quanto alla dedotta decadenza dall'ammissione del teste D.M. , correttamente il tribunale ha evidenziato che il giudice di pace non poteva far ricadere sull'attrice le conseguenze della propria precedente omissione (pretermissione della teste tempestivamente indicata e successiva integrazione del provvedimento su istanza dell'attrice).
Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità - liquidate in dispositivo - seguono la soccombenza.
 
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

AvvocatoAndreani.it Risorse Legali - Articolo originale: Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 2195 del 4 febbraio 2016



Ragioni in fatto e in diritto della decisione
1.- Riformando la decisione del giudice di pace, il Tribunale di Foggia, con la decisione impugnata (depositata in data 6.5.2011) ha condannato D.G. al pagamento in favore di R.C. - coniuge separato del convenuto - della somma di Euro 2.040,00, oltre interessi, a titolo di rimborso di spese straordinarie sostenute per la sistemazione del giardino e la sostituzione della basculante del box dell'appartamento comune, assegnato alla moglie in sede di separazione consensuale omologata.
Secondo il tribunale le condizioni di separazione (che limitavano l'obbligo a carico del marito solo per le spese condominiali straordinarie) erano state previste per disciplinare i rapporti tra i coniugi e i figli mentre non incidevano sull'applicabilità nella concreta fattispecie dell'art. 1110 c.c. in relazione al diritto al rimborso del partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune.
Contro la sentenza del tribunale il convenuto ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso l'intimata.
2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 156, 158, 1102, 1110, 1173 e 1322 c.c. Lamenta che il giudice del merito non abbia tenuto conto delle condizioni di separazione che prevedevano, a carico del ricorrente, “il pagamento proquota solo delle spese condominiali straordinarie, degli oneri fiscali, nonché dei tributi e tasse che gravano su detto immobile”. Le parti, dunque, avevano consensualmente e legittimamente convenuto l'esclusione di qualsiasi altro obbligo di contribuzione relativo all'immobile da parte del ricorrente, così come consentito dall'art. 158 c.c., in deroga all'art. 1110 c.c..
2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 175, 208 c.p.c. e 104 disp. Att. c.p.c.. Deduce che erroneamente il tribunale avrebbe ammesso ed escusso come teste la figlia D.M. , posto che l'attrice era decaduta dall'ammissione fatta dal giudice di pace, non avendo notificato (pur in tal senso onerata dal giudice di pace) il provvedimento emesso fuori udienza con il quale era stato integrato il provvedimento di ammissione.
2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione degli artt. 1102, 1110 c.c. e 115 c.p.c. nonché vizio di motivazione, lamentando che erroneamente sia stata ritenuta la sua "trascuranza" sui lavori da eseguire, posto che non era stato tempestivamente avvisato della necessità dei lavori e che i lavori eseguiti nel giardino erano diversi da quelli preventivati.
2.4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla ritenuta natura di spese conservative di quelle eseguite dall'attrice, trattandosi, in realtà, di "migliorie".
3.- Osserva la Corte che i motivi di ricorso - là dove non sono inammissibili perché veicolano censure in fatto non deducibili in sede di legittimità - sono infondati perché il giudice del merito ha correttamente applicato il principio per il quale in tema di spese relative alle parti comuni di un bene, come l'obbligo di partecipare ad esse incombe su tutti i comunisti in quanto appartenenti alla comunione ed in funzione delle utilità che la cosa comune deve a ciascuno di essi garantire, così il diritto al rimborso "pro quota" delle spese necessarie per consentire l'utilizzazione del bene comune secondo la sua destinazione spetta al partecipante alla comunione che le abbia anticipate per gli altri in forza della previsione dell'art. 1110 cod. civ., le cui prescrizioni debbono ritenersi applicabili, oltre che a quelle per la conservazione, anche alle spese necessarie perché la cosa comune mantenga la sua capacità di fornire l'utilità sua propria secondo la peculiare destinazione impressale (Sez. 2, Sentenza n. 12568 del 27/08/2002). Invero, le spese per la conservazione, nel caso di inattività degli altri comproprietari, da accertare in fatto, possono essere anticipate da un partecipante al fine di evitare il deterioramento della cosa, cui egli stesso e tutti gli altri hanno un oggettivo interesse, e di esse può essere chiesto il rimborso (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 11747 del 01/08/2003; Sez. 2, Sentenza n. 253 del 08/01/2013).
La natura necessaria delle spese è stata accertata dal giudice del merito con apprezzamento in fatto incensurabile in questa sede (sostituzione della serranda del box, rotta a seguito di tentativo di furto e taglio degli alberi che stavano rovinando sulle autovetture).
Peraltro, come ha ben evidenziato il tribunale - pure alla luce di un accertamento in fatto non adeguatamente censurato circa l'interpretazione delle condizioni della separazione consensuale - altro sono le spese condominiali straordinarie rispetto a quelle di conservazione ex art. 1110 c.c., di cui il ricorrente è tenuto a corrispondere la propria quota in virtù della comproprietà dell'immobile. Quanto alla dedotta decadenza dall'ammissione del teste D.M. , correttamente il tribunale ha evidenziato che il giudice di pace non poteva far ricadere sull'attrice le conseguenze della propria precedente omissione (pretermissione della teste tempestivamente indicata e successiva integrazione del provvedimento su istanza dell'attrice).
Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità - liquidate in dispositivo - seguono la soccombenza.
 
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

AvvocatoAndreani.it Risorse Legali - Articolo originale: Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 2195 del 4 febbraio 2016

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