Indice dei post

sabato 4 febbraio 2017

Il figlio abbandonato potrà mai chiedere l'assegno di mantenimento alla madre?

Esistono delle norme non molto conosciute ma anche estremamente delicate.
Per il DPR 396/2000, art. 30 comma 1, la madre naturale che abbia abbandonato il figlio alla nascita in ospedale, può richiedere  di non essere mai nominata, rintracciata.
E' stata una delle norme previste in occasione della legge sull'aborto, uno dei correttivi voluti dalla legge per ostacolare l'interruzione di gravidanza, diminuirne il numero: la donna può partorire e poi sparire per sempre dalla vita del neonato.
Questo ha due profili, riguardanti anche l'assegno di mantenimento.
Il figlio non potrà mai sapere chi è la madre e non potrà chiederle il mantenimento.
Il figlio potrà invece sempre sapere chi è il padre e chiedergli il mantenimento.
Ovviamente qui parlo in riferimento all'assegno di mantenimento, come da argomento del blog.
E' evidente una disparità di trattamento tra uomo e donna ed un danno economico per il figlio / a (potrà infatti chiedere il mantenimento a solo uno dei genitori).
La logica del legislatore è stata appunto quella di creare una alternativa alla interruzione di gravidanza: la donna può partorire ma le si garantisce che nessuno potrà mai risalire a lei e, per quello che la riguarda, è come se il figlio non fosse mai esistito.
Questo contrasta anche con il diritto costituzionale (sentenza Corte Costituzionale 278/2013) di conoscere le proprie origini di cui si parla appunto nella sentenza della Cassazione, sezioni unite, 25 gennaio 2017, n. 1946.
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale non è stata emessa alcuna norma attuativa (i politici avevano altro da fare ...).
La Cassazione è quindi intervenuta per stabilire che - pur in assenza di una legge specifica - qualora il figlio chieda di conoscere il nome della propria madre naturale - il Tribunale debba aprire un procedimento e chiedere alla madre naturale se questa voglia ancora mantenere l'anonimato. Qualora lei acconsenta il suo nome sarà comunicato ma se invece neghi ancora il consenso il suo nome rimarrà secretato per sempre.
Osservo che questa richiesta, magari vent'anni dopo, può anche riaprire vecchie ferite. Tra l'altro nei fatti non può esistere tutto questo segreto (almeno nella nuova famiglia eventuale della donna); è quindi possibile che il timore di una procedura del genere possa bloccare il ricorso alla procedura del disconoscimento, voluta perchè comunque il bambino venisse al mondo.
Di fatto si tratta di norme, quelle sull'interruzione di gravidanza, fatte per rispondere ad esigenze diverse e contrastanti.
Non voglio dire che siano ingiuste: forse era la legge migliore che potesse farsi all'epoca. Rimane il fatto che i problemi creati sono tanti.
Per quello che riguarda il padre naturale questi non può dire la sua né sulla decisione di abortire, né sulla decisione di mantenere l'anonimato. Non può nemmeno chiedere che il figlio invece che in adozione sia dato a lui.
Nel contempo è però dovuto, lui solo, a pagare l'eventuale assegno di mantenimento.
Anche se nella pratica non si vedono tutti questi padri pronti a lottare per avere il figlio, i problemi ci sono e sono seri.
Sperò che prima o poi, senza preconcetti, politici o religiosi, si possa trovare una soluzione equilibrata, a tutela di padre, madre e figlio.
Riporto qui il dispositivo della decisione della Corte di Cassazione (sezioni unite, 25 gennaio 2017, n. 1946).

"In tema di parto anonimo, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013, ancorchè il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna; fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l'anonimato non sia rimossa in seguito all'interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità".

2 commenti:

  1. Se il padre è noto, il bambino non sarà dato in adozione. Se non è noto, non gli sarà chiesto mantenimento. L'impossibilità di conoscere la madre è l'unica alternativa all'aborto

    RispondiElimina
  2. Quello che lei scrive è abbastanza corretto teoricamente. Nel concreto se una donna arriva a partorire ed abbandonare un figlio è molto molto improbabile che il padre sia noto.
    Non vedo proprio questa procedura come quella che può usare una coppia di coniugi o di persone che stanno insieme.
    Il problema comunque è un altro: a quel padre, qualora per un qualsiasi motivo si scoprisse dopo è possibile chiedere il mantenimento, alla madre mai.
    Tutto questo è certamente una misura alternativa all'aborto ma ci sono certamente grosse pecche, come in tutte le norme frutto di compromesso.

    RispondiElimina