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sabato 22 febbraio 2014

La Cassazione viola le norme sui doveri del matrimonio?

Nel mio post precedente ( http://www.assegno-mantenimento.com/2014/02/lo-shopping-esagerato-puo-portare-alla.html ) ho citato una sentenza per la quale la moglie malata psicologicamente (shopping compulsivo) ha avuto addebitato il fallimento del matrimonio ed ha perso l'assegno di mantenimento.
Si tratta della sentenza n. 25843 dell'anno 2013 della Cassazione Civile.
Quello che colpisce è che in questo caso la moglie è stata riconosciuta malata psicologicamente e che la conseguenza giuridica di questa malattia è che si è ritenuto lecito lasciarla e non darle nemmeno un assegno di mantenimento.
Questo è in contrasto con le obbligazioni giuridiche del matrimonio:
"Art. 143 c.c. Diritti e doveri reciproci dei coniugi.
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia."
In questo caso la moglie è malata e chiaramente. La conseguenza è che viene abbandonata e mazzolata.
Mi sembra ci sia un forte contrasto. Secondo il codice si dovrebbe dare assistenza al coniuge malato. Qui invece prevale l'interesse egoistico su quello della solidarietà, umana e coniugale.
La soluzione logica è che i doveri previsti dall'art. 143 debbano essere temperati a seconda della situazione concreta e della normale tollerabilità.
Nel caso specifico si può infatti pensare che si fosse ritenuto troppo pesante sopportare questa malattia psichica della moglie?
Va bene quindi il diritto a separarsi ma ... mi sembra sempre strano che da questo si faccia perdere anche il diritto all'assegno di mantenimento!
E quando la malattia è magari un tumore o una grave invalidità?  I criteri dovrebbero essere i medesimi... sempre malattia è.
Oppure si ritiene che una malattia psichica sia colpa di chi la ha? 
L'unica colpa che in questi casi si può eventualmente addebitare è quella di non essersi rivolti ad uno psicoterapeuta. Non si può pesare sugli altri se si rifiuta di cercare di risolvere il proprio problema,
E' un campo che merita una riflessione profonda, da vari punti di vista, sociale, giuridico, psicologico, religioso.

venerdì 21 febbraio 2014

Lo shopping esagerato può portare alla perdita dell'assegno di mantenimento?

Abbiamo scritto in altri post dell'istituto della separazione con "addebito". La conseguenza è la perdita del diritto all'assegno di mantenimento.
In sostanza è la vecchia separazione per "colpa".
Normalmente in questi casi si parla di addebito per un commesso tradimento, per una violazione all'obbligo di fedeltà coniugale.
L'addebito però può ottenersi per tutti quei comportamenti contrari ai doveri del matrimonio, comportamenti che per le loro caratteristiche e/o per la loro frequenza hanno reso impossibile la convivenza coniugale.
Tra i tanti casi frequenti esistono quello dell'essere troppo legati alla famiglia d'origine, quello dei continui insulti o comportamento litigioso, quello del rifiuto di trovarsi un'occupazione nonostante il bisogno familiare. L'elenco è solo esemplificativo.
Tra gli altri la Corte di Cassazione (sentenza n. 25843 dell'anno 2013) ha ritenuto che ci possa essere lo shopping compulsivo.
Va precisato che nel caso specifico la moglie era stata riconosciuta affetta da una nevrosi per la quale spendeva in modo esagerato, arrivando anche a sottrarre soldi ai familiari.
Comportamenti simili potrebbero anche essere addebitati al marito.
Quindi ... non vi spaventate per qualche spesuccia ...  Una borsa nuova può far bene all'umore .... :-)

giovedì 20 febbraio 2014

Per la misura dell'assegno di mantenimento va considerato il tenore di vita o il reddito?


Il problema sorge quando esiste una disparità tra il reddito dichiarato o ufficiale e il tenore di vita del coniuge. Per tenore di vita sostanzialmente intendiamo quanto speso mensilmente.
In un caso risolto dalla Suprema Corte (Cass. sent. n. 11414 del 06.07.2012) la moglie sosteneva di avere diritto ad un sensibile assegno, assumendo di avere un reddito molto basso.
Aveva prodotto tutta la documentazione fiscale.
Nel corso del giudizio si era accertato che la donna pagava regolarmente un mutuo che di per se' era superiore (da solo) al reddito dichiarato. Erano inoltre risultate altre spese.
Il Giudice ha stabilito che nella determinazione del reddito effettivo si poteva tenere conto delle spese affrontate mese per mese.
Si è quindi ritenuto che non fosse credibile il basso reddito dichiarato dalla moglie visto che riusciva a pagare regolarmente un mutuo pesante.
Il suo assegno di mantenimento era quindi stato ridotto.
Seguendo lo stesso principio, si può fare il ragionamento contrario: si può aumentare l'assegno quando il reddito ufficiale dichiarato dall'obbligato al pagamento risulti smentito dal suo tenore di vita, dalle spese affrontate.



martedì 18 febbraio 2014

Bisogna pagare l'assegno al figlio che diventa maggiorenne?

Cosa succede quando un figlio diventa maggiorenne?
Cessa la potestà genitoriale, certamente. Il figlio può autodeterminarsi.
Mantiene però il diritto all'assegno di mantenimento che sia stato stabilito in sede di separazione o divorzio.
Si può smettere di pagare solo quando il ragazzo/a sia diventato economicamente autonomo.
Questo succede nel momento in cui trova un lavoro stabile, consono, regolarmente retribuito, in modo tale da avere assicurata una vita dignitosa.
Non occorre che il lavoro sia particolarmente prestigioso; occorre che gli possa assicurare una vita dignitosa.
Se il figlio avesse rifiutato senza giusto motivo una occupazione con queste caratteristiche potrebbe essere ugualmente dichiarato decaduto dal diritto all'assegno.
La normativa applicabile ai figli maggiorenni è quella contenuta nell'art. 155 quinquies del codice civile, introdotto nel 2006.
Di regola l'assegno va pagato direttamente al figlio.

lunedì 10 febbraio 2014

Mario Balotelli ha riconosciuto la figlia? Quanto dovrà pagare?

Mario Balotelli, noto calciatore del Milan, ha dichiarato pubblicamente che la figlia di Raffaella Fico è sua figlia.
Dalla sua paternità derivano responsabilità morali, educative e materiali.
La bambina vive con la madre e di conseguenza (non essendo i genitori sposati) per la legge è automaticamente affidata alla madre.
Qualora Mario Balotelli volesse cambiare l'affidamento e magari chiedere di avere lui la bambina dovrebbe agire innanzi il Tribunale. Rimane salvo ovviamente il potere di accordarsi.
Se il noto calciatore non si occupasse concretamente della figlia, vedendola, portandola con se', seguendo i suoi studi, la sua vita, comportandosi in sostanza come deve un padre, la madre Raffaella Fico potrebbe chiedere al Tribunale dei Minorenni che venisse dichiarato decaduto dalla potestà genitoriale; in pratica non avrebbe più i diritti del padre, come quello di vedere la bambina.
Per quello che riguarda l'aspetto economico dovrà contribuire al suo mantenimento secondo le sue possibilità che sono certamente elevate.
Non possiamo fare qui ipotesi concrete ma certamente è da aspettarsi un assegno  di diverse diecine di migliaia d'Euro.
Tutto sta comunque all'accordo delle parti e qualora non vi sia alla decisione del Tribunale.


martedì 4 febbraio 2014

Se il figlio maggiorenne perde il lavoro, il padre lo deve mantenere?

La Corte di Cassazione (sentenza n. 1585/2014 sez. VI-1 del 27/1/2014) ha affermato un principio "strano" ed interessante.
Nel caso specifico il padre continuava a versare l'assegno di mantenimento al figlio trentenne. Questi era iscritto ad una facoltà universitaria da otto anni, senza peraltro dare gli esami, quindi "con scarso profitto", come dice la sentenza.
La Corte ha stabilito che il figlio non dovesse più ricevere l'assegno  perché aveva in passato cominciato a lavorare: non aveva quindi più diritto anche se non lavorava più. L'assegno era stato stabilito in sede di divorzio.
Trascrivo le parole della sentenza:
"Il giudice a quo precisa che l’odierno ricorrente, prossimo al raggiungimento del ventottesimo anno di età, ha svolto attivitá lavorativa nel settore turistico alberghiero e non frequenta con profitto il corso di laurea al quale risulta formalmente iscritto da più di otto anni.
Richiama il provvedimento impugnato giurisprudenza consolidata di questa Corte (tra le altre, Cass. n. 26259 del 2005; n. 1761 del 2003) per cui il mantenimento del figlio maggiorenne è da escludersi, ove questi abbia iniziato ad espletare un’attività lavorativa, dimostrando quindi il raggiungimento di una adeguata capacità, senza che possa rilevare la sopravvenienza di circostanze ulteriori che, pur determinando l’effetto di renderlo momentaneamente privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento, i cui presupposti erano già venuti meno. Semmai potrebbe sorgere per il genitore un dovere alimentare, che si fonda peraltro su presupposti del tutto differenti."
La sentenza appare "strana" perché si può pensare che l'assegno di mantenimento spetti al figlio che è privo di redditi. In realtà il discorso è diverso in quanto spetta al figlio che "non è in grado di procurarsi redditi, non ha sviluppato la relativa capacità".
Quindi qualora il figlio abbia lavorato ha dimostrato di essere in grado di farlo...
Del resto non è nemmeno vero che il padre può "fregarsene" del figlio. Rimane l'obbligo dell'assegno alimentare (generalmente minore di quello di mantenimento) di cui agli artt. 433 e seguenti del codice civile.